Antilia

Rosa dei venti dalla Carta del Cantino
Biblioteca Estense – Modena

“Questo nostro secolo ha più storia in cento anni che non ebbe in quattromila.” 

Tommaso Campanella – 1599

La rapidissima globalizzazione dell’economia e  la crescita esponenziale dello sviluppo tecnologico negli ultimi 20 anni hanno impresso nella nostra società una velocità di cambiamento che non ha probabilmente uguali nel passato. Riuscire ad adeguare lo sviluppo del pensiero e della visione degli individui alla sempre più rapida evoluzione tecnologica è la sfida dei nostri tempi.

Il nome Antilia riporta ad un altro periodo storico, quello delle grandi scoperte geografiche del Rinascimento, in cui il cambiamento è stato altrettanto straordinario e nel quale l’uomo ha preso coscienza di sé come forse mai in altre epoche.

L’sola immaginaria di Antilia su una carta del XV secolo

Antilia è uno dei segni che compariva sulle carte geografiche di quegli anni, un’isola immaginaria che la maggior parte dei cartografi disegnava all’estremo occidente conosciuto prima della scoperta dell’America. Antilia rappresenta pertanto il”nuovo” e simboleggia il desiderio di sfidare le conoscenze, di allargare i confini e di intraprendere, caratteristiche del nuovo uomo rinascimentale, non più spettatore, governato passivamente dalle forze divine, ma attore ed arbitro dei suoi destini con i propri meriti e la propria razionalità.

La cartografia rinascimentale fotografa in modo straordinario l’ampliamento degli orizzonti delle conoscenze umane.

Dopo un lungo periodo medioevale in cui le conoscenze dei classici vengono più o meno volontariamente abbandonate, all’inizio del ‘400  inizia il recupero dei testi greci e latini e il riappropriarsi graduale delle conoscenze perdute nelle varie discipline. Anche nel campo della geografia viene riscoperta l’opera di Tolomeo che nel 150 d.C. aveva descritto le terre allora conosciute in una cosmologia geocentrica, ma con la terra rotonda ed una determinazione delle sue dimensioni abbastanza precisa. Nella Firenze dei Medici nella prima metà del ‘400 si sviluppa una intensa attività cartografica sollecitata dalla richiesta da parte di molti sovrani d’Europa di esemplari dell’Atlante di Tolomeo con dovizie di miniature di grandissimo  pregio.

Atlante di Tolomeo Biblioteca Estense – Modena

La realizzazione di queste carte del mondo conosciuto procede di pari passo con le prime scoperte che vengono gradualmente registrate dai cartografi, dando vita a un insieme ibrido che mette insieme le conoscenze tolemaiche, le leggende medievali e  la nuova geografia che si veniva configurando a seguito delle scoperte dei viaggiatori.

Le carte geografiche del rinascimento che ci sono pervenute costituiscono una testimonianza straordinaria di un mondo che si completava gradualmente a partire dalla configurazione limitatissima tipicamente medievale fino alla sua forma definitiva, in un arco di tempo di meno di un secolo. L’impresa di Colombo costituisce il cuore di questo divenire e lo spartiacque anche nella cartografia. Colombo parte per il suo primo viaggio forte di una conoscenza geografica avallata da studiosi e cartografi contemporanei che immaginavano una terra rotonda, ma più piccola e naturalmente senza  il continente americano. Tra questi l’astronomo, matematico e fisico fiorentino Paolo Toscanelli, che fu in contatto diretto con Colombo e che lo incitò con diverse lettere: “…e che detto viaggio non sol sia possibile, ma vero e certo, e di amore, e guadagno e di grandissima forma appresso tutti i cristiani…..di modo che quando si farà detto viaggio sarà in regni potenti, e in città, provincie nobilissime, ricchissime, e di ogni sorte di cose, a noi molto necessarie e abbondanti: cioè di ogni qualità di spezierie, in gran somma e di gioe in gran copia”.

Anche Toscanelli, come la maggior parte dei cartografi dell’epoca, riporta nel suo atlante del mondo l’isola di Antilia e anche Colombo, che pare certo avesse con se la carta del Toscanelli, pensava di poterla raggiungere trovando al di là di essa il mitico Cipango – il Giappone favoleggiato da Marco Polo.

La presenza di Antilia, estremo lembo di terra al di là dell’Oceano, secondo alcune fonti derivava da leggende portoghesi che narravano di una terra visibile in circostanze particolari di fronte (“ante Isla”) alle Isole Fortunate (le attuali Canarie) e nella quale, al tempo dell’invasione dei Mori, vi avevano trovato rifugio sette Vescovi, fondandovi altrettante città. 

Antilia scompare dalle carte geografiche dopo che le scoperte ne hanno negato l’esistenza, come contemporaneamente scompaiono tutti i luoghi immaginari favoleggiati nelle epoche precedenti, tra i quali il mitico regno del prete Gianni e anche il Paradiso Terrestre, che ancora Colombo – perfetto trait-d’union tra l’uomo medievale e l’uomo moderno – credeva di aver individuato quando arrivò alle foci dell’Orinoco. 

Antlia resta come simbolo della sete di conoscenza e di scoperta, come limite estremo del conosciuto, al superamento del quale l’uomo  dedica il suo impegno costante.

logo antilia web

Per questo motivo la maggior parte dei segni grafici di questo magazine sono tratti dalla cartografia del rinascimento. Lo stesso logo trae la sua ispirazione da una rosa dei venti contenuta nella famosa Carta del Cantino del 1501, conservata a Modena nella Biblioteca Estense. Si tratta di una delle primissime carte geografiche che reca traccia delle nuove terre scoperte al di là dell’Atlantico.

L’autore

Modenese, studi classici.

Si laurea in Ingegneria Meccanica all’Università di Bologna, anche perchè è affascinato dalle tematiche sui limiti dello sviluppo e sui problemi energetici emerse in quegli anni per la prima volta a seguito dello shock petrolifero. Segue gli studi in questo campo del Club di Roma, gruppo internazionale di ricerca guidato da Aurelio Peccei.

All’università scopre la Ricerca Operativa in quegli anni molto in auge come disciplina di supporto all’Economia e alle scienze aziendali. Si laurea con una tesi sui sistemi di bilanciamento delle linee di montaggio. Si appassiona agli studi sul superamento delle logiche fordiste, obiettivi perseguiti da un gruppo di manager-studiosi cresciuti nell’ambiente Olivetti. Tra questi in particolare Federico Butera autore in quegli anni del saggio “I frammenti ricomposti” e fondatore di IRSO (Istituto di Ricerca sui Sistemi Organizzativi), del quale seguirà diversi corsi di progettazione organizzativa presso il  Politecnico di Milano.

Dopo una esperienza aziendale con responsabilità sul fronte dell’organizzazione, entra in una società di consulenza organizzativa bolognese, all’interno della quale affronta vari progetti di ristrutturazione, con l’obiettivo di coniugare, in un difficile momento per le imprese italiane, competitività, partecipazione delle risorse umane e valori sociali.

In quegli anni, dall’incontro con una piccola società di software, nasce l’idea di dare vita a un modo nuovo di affrontare il cambiamento organizzativo, coniugando la conoscenza dei processi aziendali con la progettazione degli strumenti informatici che in quegli anni iniziavano a diffondersi per la gestione delle imprese. Da questa idea nasce Gruppo Pro, una realtà che cresce rapidamente da una decina di persone fino a più di quattrocento dipendenti, affermandosi come punto di riferimento per le soluzioni di informatica aziendale. Attraverso questa esperienza vive in prima persona i “30 anni che hanno cambiato il mondo”, con l’affermazione sempre più invasiva delle tecnologie digitali.

All’interno di Gruppo Pro, di cui è uno dei soci fondatori, per molti anni spende le proprie energie su progetti di consulenza in diversi ambiti tra cui in particolare i processi organizzativi e la logistica.

Ricopre diversi incarichi istituzionali nel mondo confindustriale e in quest’ambito presiede il comitato provinciale per l’introduzione dell’Euro, tematica che approfondisce sotto il profilo economico, strategico e tecnologico coordinando gruppi di studio, convegni e attività formative. 

Gruppo Pro è una delle aziende leader in Italia nel proprio settore quando arriva internet e scoppia letteralmente la cosiddetta New Economy.

In questo periodo viene a contatto con il mondo della finanza e condivide con i soci dell’azienda un passaggio importante: l’ingresso nel capitale di un gruppo di private equity che immette risorse finanziarie per accelerare lo sviluppo della società. La società cresce e supera i 100 miliardi di fatturato consolidando una posizione di leadership nelle soluzioni informatiche per le imprese italiane, annoverando tra la propria clientela molte delle aziende leader in tutti i settori. 

Nel 2006, dopo 25 anni di un percorso denso e ricco di esperienze, i soci fondatori di Gruppo Pro vendono la società ad un gruppo quotato in borsa. 

Dopo l’uscita da Gruppo Pro assume la Direzione Generale di T3 Lab (www.t3lab.it), un laboratorio di ricerca industriale specializzato nell’ elettronica, nella sensoristica e nella intelligenza distribuita, fondato da Confindustria insieme all’Università di Bologna. Questa attività lo porta a stretto contatto con Università e  mondo della ricerca e lo vede impegnato nell’ obiettivo di avvicinare imprese e Università, allo scopo di colmare un gap che penalizza il sistema industriale rispetto a quello di altri Paesi.

In piena sintonia con un gruppo di amici, nel 2007 è tra i fondatori di Scintille (www.scintille.org), una associazione di solidarietà sociale che gestisce direttamente progetti in Africa australe.

Nello stesso periodo riscopre l’interesse per la causa dello sviluppo sostenibile e, intravedendo in questa via un percorso obbligato per lo sviluppo delle società e dell’economia, riprende gli studi sui temi energetici e dà vita a Fiorano Modenese a un Centro di Sperimentazione sulle tecnologie per i sistemi fotovoltaici, esempio tra i pochi in Italia.

Dalla esperienza del Laboratorio sul fotovoltaico nasce nel 2013 Energy Intelligence (www.energyintelligence.it) , una società che si pone nel crocevia tra nuovi modelli per la produzione di energia e tecnologie informatiche, nel solco del nuovo trend di sviluppo denominato Smart & Green.

E’ tuttora impegnato nel contribuire alla valorizzazione di nuovi progetti imprenditoriali con particolare interesse verso le start-up innovative ai quali contribuisce investendo parte del proprio tempo e/o con partecipazioni al capitale di rischio. E’ in questo contesto che nel 2015 investe in una start-up nata da uno spin-off universitario denominata WeCity che si occupa di valorizzare i comportamenti virtuosi delle persone nell’ambito della mobilità (www.wecity.it).

Nel 2016 una “nuova avventura”: investe in Bibendum Group, società di catering e di organizzazione di eventi che opera in tutta Italia verso clientela corporate di alto livello (www.bibendumgroup.it).

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