Elezioni Europee 2019

Di Mondo, Società e cultura

Due opposte visioni del mondo si confrontano domenica alle urne per le elezioni del Parlamento Europeo.  Da una parte la spinta ad andare avanti e completare il percorso del progetto di integrazione e dall’altra il ritorno all’Europa delle nazioni. 

La costruzione  dell’Europa nel secondo dopoguerra è il più grande progetto mai esistito di allargamento dei confini in modo pacifico, per volontà comune di popoli diversi. Lo scopo principale era quello di evitare il ripetersi delle catastrofi prodotte proprio sul suolo europeo dall’affermazione dei nazionalismi. La mia generazione ha goduto di grandi privilegi: è stata la prima a godere di  settanta anni di pace ininterrotta, probabilmente il più lungo periodo mai esistito. La generazione dei miei genitori ha subito  la seconda guerra mondiale,  e quella dei miei nonni ne ha vissute  due di guerre mondiali. Essere in guerra era in passato in Europa un destino ineludibile. Come invece a noi è sembrato scontato lo stato di convivenza pacifica e come lo è a maggior ragione per la generazione dei nostri figli. Ma basta poco per dimenticare. La convivenza pacifica non è diventata un destino ineludibile acquisito per sempre. E va difesa e protetta. Il sogno di una Europa Unita è nato per questo.

Poi è arrivata la globalizzazione che non è una ideologia politica, ma semplicemente è un dato di fatto, figlio del progresso tecnologico (basterebbero il trasporto aereo e internet a giustificarlo).  

Per governare la globalizzazione, coglierne le opportunità e voceversa non esserne schiacciati quella europea è la dimensione indispensabile. I piccoli stati nazionali sarebbero vittima dei grandi blocchi dominanti (USA e Cina in primis). L’Unione Europea si presenta ai tavoli negoziali con 500 milioni di cittadini e un PIL pari al 22% di quello mondiale, paragonabile a quello degli Stati Uniti. Proviamo ad immaginarci l’Italia con lo 0,8 della popolazione e il 2% circa del PIL di quale potere negoziale potrebbe disporre. Basta questo per capire come una Europa saldamente unita sia malvista dagli ideologi dei sovranismi di USA, Cina e Russia. E tra questi c’è chi ha trovato un modo indolore di indebolirci, instillando e amplificando il gene del “nazionalismo dei piccoli” con il quale pensa che l’Europa si distrugga da sola. E il rischio è concreto. 

Le sfide che ci attendono sono globali: l’affermazione di un modello di sviluppo sostenibile, il contrasto al cambiamento climatico, gli strumenti per contenere la diseguaglianza e la polarizzazione della ricchezza, la gestione dei flussi migratori, la convivenza tra culture diverse, la definizione di nuovi modelli di welfare in un epoca dove il rapporto tra sviluppo tecnologico, lavoro e demografia è in rapido cambiamento. Di gestire queste sfide dovrà farsi carico l’umanità e l’Europa  può candidarsi  ad un ruolo trainante se saprà  essere più coesa e sovranazionale.

Abbiamo visto politici andare fieri ed impettiti in visita  a una rete chilometrica sormontata da filo spinato e salire tronfi su torrette di avvistamento di legno da cui scrutare l’orizzonte in cerca di  nemici col binocolo. Questa sarebbe la modernità, questo il futuro?  Sono piuttosto immagini in diretta dal medioevo.

Domenica prossima occorre sostenere con forza la direzione di marcia verso il futuro. Per interpretare l’evoluzione in corso occorre fare passi avanti verso l’integrazione europea e non certo passi indietro. 

Last modified: 10 Febbraio 2021

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