Grazie Paolo

Di Società e cultura

Ho incontrato Paolo per la prima volta nel 1979.

Io ero un ingegnere meccanico neolaureato e lui aveva già alle spalle da qualche anno la grande avventura Lamborghini. Era il mio primo colloquio di lavoro. Non sapevo niente di lui e non c’era internet per informarsi.

Paolo Stanzani

Mi ricevette nel suo studio di consulente organizzativo che aveva aperto nel convento dell’Osservanza, dopo la parentesi nel gruppo ENI a occuparsi di acque. L’arredamento quasi monacale, la scrivania un antico tecnigrafo. Mi calamitarono i suoi occhi azzurro intenso e il suo sguardo penetrante. Parlammo di tutto. Era la sua modalità per capire le persone che aveva davanti. 

Mi propose di entrare in una azienda di abbigliamento che seguiva come consulente, ad occuparmi di organizzazione e di pianificazione. Era lontanissimo dai miei progetti ed uscii dicendogli che ci avrei ragionato, come si fa sempre, ma certo tra me e me che non avrei preso in considerazione la sua proposta. 

Ma qualcosa di speciale mi era rimasto dentro. Quello sguardo e il mondo che quello sguardo ti faceva immaginare, senza spiegartelo esplicitamente; l’interesse dimostrato per me e la sua curiosità che non erano state di circostanza. Niente di Paolo è mai stato di circostanza, ma l’avrei capito dopo.

Sta di fatto che, nonostante i miei proponimenti, ho seguito davvero quella strada, e sono entrato in quell’azienda. Ma in verità ho seguito lui.  

Dopo poco in effetti ho lasciato l’azienda e l’ho seguito nel suo studio di consulenza, diventando il suo braccio destro in quella attività che piano piano  cresceva e che, dopo l’incontro con Giorgio Bonzagni, Silvano Pancaldi e Paolo Angelini, un gruppo di grandi personalità con una profonda condivisione di valori, è diventata il Gruppo Pro; anche questa una grande avventura, nel settore dell’ organizzazione e dell’ informatica per le imprese, un ambiente unico per certi versi a cui Paolo ha contribuito in maniera determinante.

Nel frattempo cominciai a frequentare anche la sua famiglia e Paolo per me diventava sempre di più  una figura a metà tra  grande amico un padre e  un  un fratello maggiore. Un riferimento costante e prezioso in tutte le fasi della mia vita. 

Non è facile  sintetizzare in poche parole quello che ho ricevuto da lui, che in tanti abbiamo ricevuto da lui.

Prima di tutto il suo amore per la Vita e la sua fiducia nell’Uomo. 

Chi lo ha frequentato da vicino non può dimenticare i suoi quaderni di appunti, con la grafia minuta, quasi miniatura, e molti disegni. Lì depositava le sue idee.  E i campi di applicazione erano infiniti. Paolo ha incarnato nel modo più pieno l’uomo che crede nel futuro e nella possibilità di una evoluzione positiva, non scontata, non regalata, ma ottenuta con l’impegno, l’intelligenza e il lavoro corale di uomini di buona volontà. 

Tutto per Paolo poteva essere innovato, poteva essere cambiato in meglio. Ogni  cosa, presa in considerazione senza pregiudizi, può essere messa in discussione, migliorata o addirittura rivoluzionata, si tratti di oggetti o di sistemi sociali.  

E la sua curiosità faceva sì che si interessasse a tutto.

Poteva essere il bollitore del latte che lui osservava nella cucina di casa quando era ragazzino e che faceva tribolare la mamma (non tutti sanno che è stato il suo primo brevetto, a 17 anni, e che era riuscito a venderlo ad una azienda toscana per comprarsi la moto);

o poteva essere un albero a cammes; o un organigramma aziendale; o il sistema di governo di una città.  E da qui anche il suo impegno civile e la sua passione per la politica, pensata come lo strumento più nobile per progettare e realizzare un mondo migliore. 

Questa fiducia nel futuro e nel progresso era il modo di Paolo di essere “ingegnere”, un ingegnere umanista, con una grande passione per la Storia. Sia la storia antica, sia la storia recente, in particolare il fenomeno del fascismo e del nazismo dei cui orrori era stato testimone, pur con gli occhi di bambino. Per capire questa sua passione mi vengono in mente due libri che mi ha regalato e che dicono tanto di lui: le lettere dal carcere di Gramsci e l’autobiografia di Albert Speer, l’architetto e progettista di Hitler. Mi disse “leggilo: è interessantissimo per capire come è potuto succedere”.

Questo era il suo modo di essere “ingegnere”, ingegnere con la I maiuscola. 

Anche sugli “ingegneri”  scherzavamo spesso, con Paolo, Davide e Luca sostenendo che lui divideva i suoi discepoli in due categorie: Gli “ingegneri veri” (quelli che progettano e realizzano cose vere) che lui considerava di serie A, e i “mancati ingegneri” ( quelli che la laurea in ingegneria non l’avevano o anche quelli, come il sottoscritto, che l’ ”ingegnere vero” non lo hanno mai fatto).

E’ questa lezione ciò che contengono i suoi quaderni  e spero proprio che non vadano perduti. Sono un prezioso scrigno e una miniera di idee.

Naturalmente tra tutte i campi in cui la sua creatività  si è cimentata la parte del leone l’ha fatta l’automobile, che era la sua vera grande passione fin da bambino., vissuta come sintesi di tecnologia, funzionalità e bellezza.

Io, mancato ingegnere secondo quella classificazione, non ho potuto seguirlo su quella strada dal momento che fatico a distinguere un cambio da una frizione, e ho avuto qualche volta la sensazione che questo per lui fosse un piccolo cruccio. 

Non mi sono quindi mai occupato di automobili, ma naturalmente ho vissuto tramite Paolo tutte le sue avventure: quella della Lamborghini

Lamborghini Miura

attraverso i suoi ricordi e i suoi aneddoti memorabili, e quelle successive  come testimone diretto e con un coinvolgimento emotivo, ma  non solo. Nei primi anni in cui lavoravamo insieme, erano i primi anni ’80, veniva contattato spesso  da diversi personaggi  che volevano coinvolgerlo  per fare una automobile sportiva con il loro marchio (ricordo Cartier, Trussardi, Bulgari…).  Ma erano progetti che non lo convincevano. Poi qualche anno più tardi si lanciò con entusiasmo nel progetto Bugatti per il quale aveva ricostituito  un team eccezionale, composto in parte  da compagni di lungo corso dell’era Lamborghini  e in parte da giovani promettenti, su cui, come sempre, ha puntato con successo. 

In questo settore tutti sanno che ha dato il meglio di sé realizzando vetture che sono pietre miliari nella storia dell’automobile,  e lo ha fatto  affrontando le cose con i tipici ingredienti del suo stile: assenza di pregiudizi, messa in discussione anche di cose che tutti davano per scontate, trasposizione di idee da un campo all’altro, grande capacità di astrazione e visione prospettica, coraggio. Ma anche con la piena consapevolezza di cosa significa fare i conti con   il passaggio da una idea alla sua realizzazione. A partire da quando, uno dei suoi primi racconti, da pochissimo entrato neolaureato in Lamborghini, gli diedero una biella da progettare e poi col suo disegno la mandarono in produzione, con suo massimo stupore e preoccupazione. 

Un’altra dote eccezionale di Paolo era la sua capacità di coinvolgere le persone.

Che partiva,  anche questa, dalla sua straordinaria  curiosità. Domandava, ascoltava, si interessava, entrava in empatia, spesso provocava. A volte mi sono chiesto se questo suo interesse per gli altri , questa sua propensione all’ascolto, non nascondesse anche un po’ di ritrosia, viceversa, nel parlare di sé stesso. 

Quante lunghissime chiacchierate su tutti i temi, spaziando da quelli personali a quelli più generali, fino ai massimi sistemi. Dialoghi  nei quali Paolo portava un’ etica rigorosa e realmente laica, una assoluta tolleranza e una grande umanità. Dialoghi nei quali 

si formavano e si confrontavano le visioni del mondo.

E questo suo interesse per le persone si accendeva in particolare nel  rapporto coi giovani, nei quali cui  ha sempre creduto fermamente, a cui dava un grandissimo credito e che era in grado di trascinare nelle sue avventure e nei suoi sogni, ottenendo sempre il meglio da loro. Affidava, con  coraggio cose difficili a persone che non avevano esperienza, ma dimostravano voglia di fare e senso della sfida. E credo che raramente si sia dovuto pentire. 

Mi ricordo, a proposito di giovani, anche negli ultimi anni, con quale entusiasmo mi raccontava dell’esperienza universitaria e in particolare della creazione del team della Facoltà di Ingegneria  per la partecipazione alle competizioni automobilistiche tra gli atenei d’Europa.

Qui a rendergli omaggio oggi, insieme a tantissimi amici,  ci sono tanti di quei giovani, alcuni  dei quali oggi assai meno giovani. La platea dei suoi discepoli, che tanto gli devono.

Anch’io sono tra questi.

Grazie Paolo, ci mancherai moltissimo.

Last modified: 10 Febbraio 2021

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