La sfida energetica (3)

Di Economia e lavoro, Sostenibilità

Articolo pubblicato sulla rivista Ticonzero nel gennaio 2008. Parte terza. Affronta il tema della “Nuova Economia” incentrata sulla sostenibilità.

Sviluppo sostenibile e “nuova economia”

Stiamo assistendo in questi mesi al diffondersi su scala planetaria delle conseguenze di una crisi finanziaria generata dall’eccessiva disinvoltura delle più importanti banche d’affari del mondo. In realtà quello a cui si sta assistendo è la degenerazione di un sistema che ha premiato la “moltiplicazione” finanziaria del valore rispetto alla creazione reale del valore propria delle attività economiche. Ma ancora di più si stanno mostrando i limiti di un paradigma di sviluppo “derivato”, che enfatizza la velocità di crescita rispetto al reale benessere. Oggi tutto è misurato in termini “derivati” (in senso matematico del termine) e quello che conta è la crescita, fine a se stessa, anzi la velocità di crescita o addirittura l’accelerazione della crescita (cioè la velocità della velocità). E’ evidente che questo paradigma diventa sempre meno realistico specialmente per le società già molto evolute come la nostra, nelle quali è difficile immaginarsi crescite economiche imponenti, che presupporrebbero domande sempre crescenti di beni e servizi. Alle imprese sono richieste dimensioni e profitti sempre maggiori, trimestri su trimestri, e a queste crescite sono legate le remunerazioni dei manager. La creazione degli strumenti finanziari derivati, o meglio il loro abuso, sono il termometro della necessità di inseguire senza sosta l’obiettivo della crescita, grazie alla creazione di ricchezze virtuali sostenute solo dalla illusione condivisa che esistano realmente (la “ricchezza di carta”). 

Al di là di stigmatizzare questi eccessi è importante una riflessione di carattere più generale sulla sostenibilità reale di questo modello. Puntare a massimizzare i tassi di crescita porta oltretutto al collasso delle risorse naturali del pianeta, se non intervengono forti discontinuità. Lo sviluppo economico mondiale deve pertanto innanzitutto seguire una direzione di riequilibrio mondiale, con economie arretrate che crescono per raggiungere un livello accettabile di benessere diffuso ed economie evolute che crescono molto meno e consolidano il livello di benessere, agendo soprattutto sulla soddisfazione di bisogni immateriali.

L’unico grande motore di spinta economica su cui le società evolute possono pensare di  basare ancora una “economia della crescita” è rappresentato dalle attività connesse all’introduzione massiccia di uno sviluppo sostenibile. Queste attività sono pervasive, coinvolgono quasi tutti i settori dell’economia (producono PIL), ma anzichè aumentare  il peso sulle risorse ambientali hanno come obiettivo la sua riduzione. In primo luogo tra queste attività industriali ci sono tutte quelle legate alla produzione dell’energia a basso impatto ambientale e con risorse rinnovabili. Ma il modello sostenibile va ben al di là di queste attività che pure rappresentano la testa di ponte. Ogni prodotto e ogni servizio dovrà essere ripensato e riprogettato in modo da ridurre sostanzialmente il suo impatto energetico-ambientale, dal momento della sua fabbricazione, al momento del suo smaltimento/riciclo a parità di prestazioni e funzionalità. Questa attività richiede un immenso lavoro e grandissimi investimenti con un enorme impegno in ricerca e in riconversioni industriali. Ma proprio questi investimenti potranno essere il sostegno di una vera e propria “nuova economia”. L’alternativa, per sostenere il modello della crescita perenne è che periodicamente intervengano fasi concentrate di “grandi distruzioni” che, come noto, sono state in passato l’elemento necessario a rimettere in moto il meccanismo dello sviluppo.

Implicazioni per il mondo imprenditoriale

Appare evidente come la “sfida energetica” impatti fortemente sul sistema industriale. E, come spesso succede, questo impatto può costituire in alcuni casi una minaccia e in altri casi una grande opportunità.

Il coinvolgimento delle imprese può essere ricondotto a tre tipologie.

  • Per alcune imprese la sfida energetica rappresenta proprio il naturale terreno competitivo. Si tratta di imprese di costituzione recente, nate e proliferate in tutto il mondo per rispondere alla nuova domanda, spesso trainate da politiche incentivanti dei diversi paesi. Citiamo per esempio il grande sviluppo in Germania del settore fotovoltaico, che, a seguito di una forte politica di incentivi statali, ha generato praticamente dal nulla un nuovo settore industriale con decine di migliaia di posti di lavoro e aziende che sono diventate leader mondiali. Anche molte aziende già affermate in altri settori hanno battuto questa strada in una logica di diversificazione e stanno aprendosi nuovi decisivi sbocchi di mercato. Lo stesso vale anche nel settore dell’edilizia nel quale stanno fiorendo molteplici attività imprenditoriali legati ai nuovi concetti degli edifici a basso consumo energetico. Fondamentale anche il coinvolgimento dell’industria legata al sistema dei trasporti impegnata in direzione di un modello di “mobilità sostenibile”.  Attorno alla sfida energetica stanno nascendo anche nuovi modelli di business, come quello degli IPP (Indipendent Power Provider) o delle ESCo (Energy Service Company)
  • La seconda tipologia di coinvolgimento riguarda l’efficienza energetica. Tutte le imprese, nessuna esclusa, hanno oggi la possibilità di rivedere criticamente i propri consumi energetici, sia quelli relativi agli  edifici, sia quelli relativi ai processi industriali, avendo a disposizione una gamma molto articolata di possibili interventi sia sul fronte del consumo (efficienza energetica), sia sul fronte dell’approvvigionamento. I ritorni degli investimenti in questa direzione sono spesso incrementati da azioni di finanza agevolata e generano competitività non solo sul fronte della riduzione dei costi, ma anche su quello dell’immagine spendibile sul mercato.
  • La terza tipologia di coinvolgimento è quella destinata ad avere forse l’impatto più decisivo. Si tratta del ripensamento di tutti i prodotti e i servizi in una nuova logica dove anziché progettare per minimizzare i costi di produzione o per massimizzare le performance, si punta a comprimere il consumo delle risorse ambientali (e di conseguenza anche il consumo energetico) di ciò che si produce: durante il ciclo produttivo, durante la vita utile del prodotto, alla fine della vita del prodotto quando lo stesso deve essere smaltito o più propriamente riciclato. Questo ripensamento darà origine ad una nuova generazione di prodotti e a nuovi modelli di business nei quali produttori e consumatori saranno legati più strettamente e per un arco di tempo più lungo, non solo, come adesso nel momento della transazione di vendita. Sarà il mercato a premiare chi si sarà spinto su questa strada, riconoscendo un extravalore ai beni e ai servizi più coerenti con il nuovo necessario modello di sviluppo sostenibile. 

Last modified: 21 Gennaio 2022

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